Fuori ruolo, ma con la cazzuola giusta

Ogni tanto mi viene voglia di fare qualcosa che non so fare.
Scrivere un romanzo, cambiare lavoro, imparare a costruire muri.
La parte difficile non è cominciare: è capire da che parte si tiene la cazzuola.

La voglia di fare qualcosa di diverso (e la totale mancanza di istruzioni)

Un giorno mi sono svegliato e ho pensato: “Voglio scrivere una storia.”

Non un post, non un articolo, non una newsletter per convincere qualcuno a cliccare. No. Una storia vera — lunga, con personaggi, capitoli, sviluppi narrativi e magari anche un finale che fa piangere o ridere o tutte e due le cose insieme.
Solo che, dopo quell’idea vagamente romantica, è arrivata l’altra parte: quella in cui ho guardato il foglio bianco e mi sono reso conto che scrivere una storia richiede delle fondamenta.

E io non avevo idea da dove iniziare.

Non so se capita anche a te, ma ogni tanto mi prende questa febbre da uscire fuori ruolo. Tipo quando il lavoro va bene, ho una routine, sono diventato competente… e proprio per questo mi viene voglia di fare qualcosa in cui mi sento scemo. Come se la competenza fosse, in fondo, solo un’altra forma di prigione.

Solo che poi mi scontri con l’altro lato: l’entusiasmo iniziale evapora, e mi resta in mano una voglia di costruire accompagnata da nessun libretto delle istruzioni.

La cazzuola con la livella digitale

È qui che è entrata in scena l’intelligenza artificiale.
Ma non come la immaginavo: non un genio che scrive al posto mio, non una stampante magica di idee. Piuttosto… una specie di muratore paziente con un attrezzo strano in mano.

Scrivere una storia, ho scoperto, è un po’ come costruire un muro senza sapere dove dev’essere la porta. Parti da un mattone qualsiasi. Poi ti chiedi: “e adesso?”

Con l’IA è successa una cosa curiosa. Non mi ha dato la trama perfetta, né i personaggi più credibili. Ma mi ha fatto domande che non mi ero posto. Mi ha suggerito strutture, ha messo ordine dove c’era solo entusiasmo scomposto.

Mi ha aiutato a tirare su dritto il muro, con i miei mattoni.
Ecco: una cazzuola con la livella digitale.
Il gesto resta il mio, la mano è la mia, il peso anche. Ma lo strumento mi mostra se stai andando fuori asse. Mi suggerisce una direzione quando sono troppo immerso per vederla da solo.

Il primo mattone non è mai bello, ma è tuo

Non so se scriverò mai quel romanzo. Ho iniziato, questo sì. Ho una bozza. Alcuni personaggi si muovono, dicono cose. Uno mi piace, una invece mi dà già sui nervi (mi dicono essere un buon segno).

E questo piccolo miracolo (avere qualcosa dove prima c’era solo un desiderio) lo devo in parte all’aver accettato che non serve sapere già tutto per iniziare. Basta volerlo abbastanza da cercare una guida, uno strumento, una voce che dica: “ok, cominciamo da qui”.

E posso mettere a tacere la mia sindrome dell’impostore pensando che anche i muratori usano la livella. E nessuno li chiama imbroglioni per questo.

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