Qualche tempo fa scrissi un testo di presentazione di me stesso. Era il periodo in cui il mobile journalism non esisisteva, le aziende iniziavano a “scoprire” i social network, il personal branding non si sapeva cosa fosse. I blog esistevano da tempo, ma si navigava la rete dal computer e non dal cellulare.
C’era chi scriveva, per professione, e chi leggeva: pochi giornali e qualche romanzo era il massimo che si poteva sperare dal lettore medio italiano.

Io leggevo parecchio. E tenevo gli articoli interessanti strappandoli dal malcapitato quotidiano di turno. Una mattina aprendo il giornale trovai un articolo sulle nuove professioni e trend digitali. Mi aveva colpito, lo ritagliai e lo archiviai.
All’epoca avevo una sorta di sistema di archiviazione: consisteva in tanti pezzetti di carta messi nella quarta di copertina del libro che mi accompagnava in quel momento. Il più interessante diventava il segnalibro. Ero impegnato con le avventure di Aureliano Bendia in quel periodo e tra un figlio, la fondazione di una città e un nuovo amore l’articolo mi seguiva di pagina in pagina.
Probabilmente fu propizio.
Scelsi l’università in quel settore. Affrontai il mio primo lavoro come stagista in un ufficio stampa. Continuai gli studi, approfondii e rivolsi i miei interessi verso un ambito sempre in divenire. Le tecnologie evolvevano. Alcune figure professionali emergevano. I social network spopolavano.
Dopo il primo stage venne il primo lavoro, poi un cambio di residenza che comprendeva stato, continente ed emisfero e il relativo ritorno a casa a distanza di tre anni. Durante questo percorso ho archiviato lavori con lo stesso metodo con cui conservavo gli articoli.

Dopo tanto leggere ho deciso che é arrivato il momento di scrivere: delle cose che negli anni mi hanno accompagnato nei viaggi, nei ruoli, nelle case. Svuoterò le quarte di copertina di quei libri che ero troppo impegnato a leggere per fare altro.
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