C’è un momento preciso in cui capisci che non sarai mai davvero libero. Non è quando ti svegli sudato pensando di aver dimenticato di pagare l’IMU. È quando tua madre ti scrive “Mi è sparito lo SPID” e in quel “sparito” c’è tutto: l’invisibile, l’irreversibile, l’inevitabile.
Mi serve lo SPID, per una cosa urgente
L’urgenza è sempre lì, affacciata alla soglia come una postina del 1974 con la busta marrone dell’INPS. “C’è da fare una cosa online”, dicono. Con un tono che oscilla tra missione segreta della CIA e urgenza che coinvolge la vita del paese intero. Poi scopri che la cosa è: scaricare un certificato elettorale per una petizione contro l’abolizione del contante.
Oppure: prenotare una visita per controllare l’osso sacro. Che, a quanto pare, ha smesso di obbedire.
In quel momento, il tuo corpo reagisce in due tempi.
1. Si contrae.
2. Si arrende.
Ti ritrovi quindi davanti a uno schermo condiviso, con tua madre che legge a voce alta ogni passaggio, come se il sistema di sicurezza del sito potesse sentire la sua voce e decidere di collaborare.
“Incolla OTP ricevuto su device mobile…”
“Cosa vuol dire?”
“Vuol dire che ti è arrivato un messaggio.”
“Non è arrivato niente.”
(Dopo cinque minuti) “Ah ecco, eccolo. Ma ora è scaduto.”
L’effetto collaterale della digitalizzazione è la parentela
Una volta erano i pranzi della domenica a tenere insieme le famiglie. Ora è l’assistenza tecnica non retribuita.
Il collante affettivo passa per le password dimenticate, i browser non aggiornati, e i maledetti captcha con i semafori.
Non c’è gesto più intimo, oggi, che reimpostare le credenziali della posta elettronica di tua madre. È come accedere al suo diario segreto, solo con meno poesia e più pop-up.
Perché la verità è che non si tratta mai solo di tecnologia. Si tratta di legami. Di affidamento. Di quella dolce e spietata certezza che tanto ci pensi tu.
E tu, in fondo, ci pensi davvero. Ti lamenti, certo. Ti indigni. Ti sfoghi con chiunque non porti il tuo cognome.
Ma poi scarichi l’app.
La configuri.
E dici: “Salvatela nei preferiti, per favore.”
(Lei comunque non la salverà.)
La boccetta di calmante e altre soluzioni tecniche
C’è chi prende il magnesio. Chi respira nel sacchetto. Io tengo una boccetta di calmante usata sulla scrivania. Non serve a nulla, ma mi dà l’illusione che ci sia stato un tempo in cui avevo una strategia.
Quello che mi salva, a volte, è pensare che anche noi, tra qualche decennio, saremo quelli che diranno ai figli:
“Come si spegne l’intelligenza artificiale?”
“Mi ha risposto male, secondo me è arrabbiata.”
“Come faccio a scriverle che non voglio più rinnovare il cloud emotivo?”
Forse è una catena di inadeguatezze, e ognuno fa il meglio che può. Forse il problema non è SPID, né i boomer, né la digitalizzazione, ma questa pretesa di capire tutto sempre. Di risolvere.
Di essere all’altezza di una tecnologia che cambia mentre ci stai ancora provando.
Ogni volta che resetto la password a mia madre, mi viene in mente una frase che non ricordo bene. Forse non l’ha mai detta nessuno, ma mi piace pensarla così:
“L’amore è spiegare per l’ottava volta la differenza tra username e email. E farlo come se fosse la prima volta.